Oggi vi racconto una storia che parla di immortalità, tenacia e amore per la Scienza. Nel 2021 feci un giro in gommone ad ammirare quella splendida costa del Salento in compagnia di una guida che, tra antiche leggende di pirati saraceni e battaglie, ci raccontò anche di una medusa immortale scoperta lì da scienziati salentini. La storia, naturalmente, catturò la mia attenzione.
La medusa è un animale strano; estremamente semplice, non ha occhi e non ha cervello ma è la più famosa tra i milioni di piccoli animaletti che popolano l’oceano, non fosse altro che altro per la sua puntura. Il suo nome viene dalla mitologia greca; Medusa era il mostro con il capo pieno di serpenti velenosi al posto dei capelli e lo sguardo capace di pietrificare le persone.


Quelli, tanti, che hanno provato la puntura dicono che fa molto più male di quella di piante come l’ortica o altri animali velenosi, perché la medusa non ha semplici aculei; ogni tentacolo contiene migliaia di piccoli uncini carichi come molle che, se stimolati, arpionano il malcapitato – pesce o umano – in meno di un millesimo di secondo, iniettando veleno in profondità.
Anche la sua vita sessuale è strana; la medusa esiste come due animali distinti e molto diversi tra di loro, come il bruco e la farfalla.
Le meduse vere e proprie si riproducono sessualmente, quindi maschi e femmine si accoppiano disperdendo quantità enormi di spermatozoi e uova nell’oceano senza mai incontrarsi davvero. Le uova fecondate diventano animaletti minuscoli a forma di pera – le planule – che dopo aver nuotato un po’ si fissano sul fondo marino, prendendo una terza forma, simile a un corallo o un polipo rovesciato, con tentacoli fluttuanti per catturare il plancton. Dopo un po’ il “polipo” si trasforma ancora, liberando piccole nuove meduse che tornano a nuotare libere nel mare. E il ciclo ricomincia.

La nostra storia comincia negli anni 80, quando Giorgio Bavestrello e Christian Sommer, studenti di biologia marina uno italiano ed uno tedesco, passano le vacanze assieme in Liguria. E sì, la prima scoperta è stata fatta in Liguria e non nel Salento; la guida si era presa un po’ di licenza poetica. Durante le vacanze, si divertono a catturare piccole larve di animaletti in mare e le studiano nel loro acquario. Se vi sembra strano che due scienziati spendano le loro vacanze facendo cose molto simili al loro lavoro, allora non conoscete gli scienziati.

I due catturano alcuni esemplari di Turritopsis nutricola, una piccola medusa non più grande di pochi millimetri che rilasciano poi nel loro acquario un venerdì sera. Ritornano a casa solo il lunedì, pensando di trovare le meduse morte; con loro grande sorpresa trovano, invece, attaccati sul fondo dell’acquario, dei polipi, cioè esemplari più giovani. È come lasciare in una cella dei prigionieri anziani a morire di fame, e trovare dopo pochi giorni dei bambini al loro posto. Che fine hanno fatto gli anziani? Visto il poco tempo passato, è impossibile che le meduse si siano riprodotte. Con altri esperimenti i due scoprono che le meduse, quando sono in difficoltà, “decidono” di ringiovanire, precipitando sul fondo dell’acquario e ritornando polipi. Pubblicano i loro risultati sulla rivista Aspects of hydozoan biology; l’articolo è molto tecnico e in nessuna parte del testo si fa riferimento all’immortalità.
Il lavoro viene poi continuato da altri scienziati: Stefano Piraino del CNR, Ferdinando Boero dell’Università di Lecce – oggi università del Salento –, Brigitte Aeschbach e Volker Schmid dell’università di Basilea. Il loro articolo del 1996 è più esplicito, dice chiaramente che:
“Le meduse, trasformandosi in polpi, possono scappare alla morte e raggiungere potenzialmente l’immortalità…questa trasformazione è unica nel mondo animale e non è mai stata osservata in nessun’altra specie”.
L’Università di Lecce rilascia un comunicato stampa che, a quel punto, rimbalza anche sui grandi giornali Italiani ed internazionali, sorprendendo tutti.
Si cerca una prova certa della “potenziale” immortalità, ma le piccole meduse non sono facili da allevare a lungo in laboratorio. Finalmente, nel 2011, un perseverante ricercatore giapponese, Shin Kubota, dimostra di aver fatto ringiovanire e invecchiare un tipo di Turritopsis per circa 10 volte in due anni. Ci riesce dopo aver cercato a lungo le condizioni di crescita ideali, cambiando spesso l’acqua, tenendole al buio per evitare la crescita di alghe e addirittura alimentando a uno a uno i piccoli polipi con micro-gamberetti infilzati su un ago. Ci riesce anche perché ha una passione per le meduse che va oltre quella dello scienziato medio e sconfina quasi nell’amore.
Come molti giapponesi, Kubota ama il karaoke ed ha composto varie canzoni dedicate alle sue amate meduse immortali. È una star su Internet, cantando in conferenze scientifiche o in video vestito da medusa, con un cappello con tentacoli ed una maglietta con il disegno della sua adorata Turritopsis e ha lavorato come attore anche in vari documentari; potete ammirare una sua esibizione nel video qui sotto.
Anche se le meduse sono davvero immortali, servirà ancora molto lavoro per capire il loro segreto, e difficilmente il loro trucco potrà essere applicato agli umani per far tornare giovani persone in difficoltà; ciò nonostante, l’idea di ringiovanimento e immortalità ha stimolato la fantasia di tante persone che hanno creato innumerevoli pagine web, video Youtube e documentari, tutti affascinati e spesso innamorati di questi piccolissimi animali.
La storia delle meduse immortali è stata citata anche nella serie televisiva The Big Bang Theory.
Concludo con una delle poesie che ho trovato in Internet sulla Turritopsis:
…if you want to live life over
There’s one way to have your wish
Swim on back to your beginning
And become a jellyfish.
(R.G. Ingulsrud)
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