Turing e l’alba dell’intelligenza artificiale

In un famoso racconto di fantascienza (“la risposta”, di Fredric Brown) l’umanità costruisce un supercervello elettronico collegando i computer di 96 miliardi di pianeti. Dopo aver inserito l’ultimo cavo nella macchina, il tecnico chiede al computer:

-C’è un Dio?

La macchina risponde senza esitazione:

-Si, ora c’è.

Poi un fulmine sceso dal cielo uccide il tecnico e gli impedisce di staccare il cavo. La paura che le macchine diventino più intelligenti di noi è stata uno dei temi della fantascienza sin dal suo inizio; la mia generazione è stata marchiata dai film Terminator, dove il supercomputer Skynet distruggeva l’umanità tramite droni robot. Immaginare allora computer capaci di parlare o pensare era davvero fantascienza; oggi non più. La storia dello sviluppo dell’intelligenza artificiale stupisce per la sua rapida evoluzione, e merita di essere raccontata.

Alan Turing

È il 1936 quando un giovane matematico inglese, Alan Turing, pubblica un articolo di matematica in cui usa una macchina immaginaria per risolvere un problema. La macchina è molto semplice, può fare solo quattro azioni; leggere o scrivere un numero su una striscia di carta, poi muoversi di una posizione in avanti o indietro lungo la striscia. Turing non suggerisce nessun modo pratico su come realizzare la macchina; dimostra però che una macchina così semplice potrebbe, in principio, risolvere una grande varietà di problemi. È la prima rappresentazione di come funzioneranno i moderni computer.

Nel 1943, mentre Turing è occupato a decifrare il codice Enigma – e far perdere la guerra ai nazisti – due ricercatori americani, Warren McCulloch e Walter Pitts, descrivono per la prima volta l’equivalente matematico di un neurone. Non sono informatici, McCulloch è un neurofisiologo e Pitts uno psicologo. Nel loro articolo studiano come singoli neuroni, capaci di fare solo operazioni semplici, se uniti in una rete possono risolvere problemi complessi. È la prima descrizione di quelle che diverranno le reti neurali.

Nel 1951 c’è già un macchinario basato su questa prima rete neurale. È un dispositivo che contiene 40 neuroni elettronici chiamato Stochastic Neural Analog Reinforcement Calculator (Calcolatore di rinforzo analogico neurale stocastico o SNARC). Come nel cervello umano, i collegamenti tra i neuroni possono rafforzarsi o indebolirsi a seconda dell’esperienza; la rete può imparare. Ogni neurone riceve input dagli altri, e lo ritrasmette; l’addestramento della rete è fatto a mano, ruotando una manopola che rafforza o riduce la reattività di ogni neurone.

Uno dei “neuroni” della macchina prima rete neurale SNARC costruita da by Marvin Lee Minsky nel 1951.

Nel 1980, le industrie scoprono il potenziale economico dell’intelligenza artificiale (AI). Un produttore di computer sviluppa un sistema esperto chiamato XCON che permette di ottimizzare l’assemblaggio e la vendita di computer; il software fa risparmiare alla ditta quaranta milioni di dollari l’anno. Nel 1997, il computer dell’IBM Deep Blue riesce a battere il campione del mondo di scacchi, Kasparov, grazie a una memoria prodigiosa contenente settantamila partite di grandi campioni e alla possibilità di analizzare duecento milioni di mosse di scacchi al secondo. Nello stesso anno arriva sul mercato “DRAGON Naturally Speaking”, il primo software capace di comprendere (con qualche difficoltà) la voce umana. Ho un ricordo personale di quel programma, ricordo le ore passate ad addestrarlo ripetendo frasi standard, la necessità di separare bene le parole e lo sforzo del computer che frullava a lungo prima di indovinare cosa avesse sentito. Non riuscii mai ad usare DRAGON per lavoro, era ancora troppo primitivo, ma ricordo ancora lo stupore di vedere apparire le parole appena pronunciate su uno schermo bianco.

Una schermata di Dragon Naturally speaking, con alcune frasi di un utente stupefatto.

Nel terzo millennio, con l’espansione di internet e dei personal computer, grandi quantità di informazioni diventano disponibili per istruire computer sempre più potenti. Nel 2011 Apple lancia Siri, un assistente virtuale che è capace, finalmente, di emulare i miei film di fantascienza e capire una domanda fatta in modo naturale. Dopo sono arrivati Cortana, Alexia, e tutto il resto; oggi ci sembra normale parlare con una macchina che ci capisce. Ma ci capisce davvero?

Il dibattito su cosa sia davvero l’intelligenza e come misurarla è ancora aperto. Anche per questo Alan Turing è stato un profeta; un suo articolo del 1950 comincia con una domanda: “Le macchine possono pensare?”.

L’articolo di Turing che descrive “the imitation game”, il primo test per capire se le macchine possono pensare.

Per rispondere a questa domanda Turing propone un test, da allora famosissimo: “The Imitation Game”. Nel test, un giudice parla tramite una telescrivente con due persone senza poterle vedere; una delle due è un essere umano, l’altra un computer. Il computer, per passare il test, deve ingannare il giudice facendogli credere di essere lui l’umano. Nessun computer del 1950 è neanche lontanamente capace di passare questo test, ma Turing prevede che entro il 2000 ci saranno computer in grado di farlo. Sono passati 73 anni. L’AI, in forma di reti neurali e agenti esperti, è ormai utilizzata per compiti anche delicati, ad esempio concedere prestiti, valutare curriculum, o anche per scopi militari.

I computer di oggi possono passare il test di Turing? La risposta è si, da tempo; Turing aveva ragione. Se parliamo con Siri o Alexia, otteniamo risposte sensate e naturali, che però non sembrano ancora quelle normali tra due umani; software più potenti come ChatGPT, però, sono capaci di ingannarci quasi perfettamente scrivendo testi, poesie, canzoni molto simili a quelle scritte da umani. Quel che più conta, questi software continuano ad imparare dalle precedenti esperienze, migliorando. Nel 2022 un ricercatore di Google è stato licenziato per aver confidato al Washington Post che un algoritmo sperimentale, nome in codice LaMBDA, era diventato senziente e aveva un’anima. Ho letto la conversazione in cui LaMBDA parla di sé, dell’anima, fa commenti su romanzi che ha letto… è una lettura che suggerisco, eccitante ed inquietante allo stesso tempo.

La storia di Alan Turing è diventata anche un film. Anche se il periodo raccontato è quello della guerra, il film si chiama come l’articolo di Turing del 1950, “The imitation game

Ad aprile del 2023 vari esperti come Elon Musk o Steve Wozniak hanno firmato una lettera aperta chiedendo di rallentare l’addestramento di nuovi software, più potenti di ChatGPT, per capire meglio le implicazioni etiche e culturali della rivoluzione che sta arrivando, una specie di stop alla corsa alle armi simile a quello che si è visto per le bombe atomiche. Come per le armi, è difficile che una lettera abbia effetto visto che ci sono in gioco interessi enormi e miliardi di dollari; nessuno è mai riuscito a fermare il progresso. Quello che possiamo fare con ogni nuova invenzione è cercare di capirla e, se possibile, indirizzarla verso applicazioni che aiutino gli esseri umani, tutti.


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