La storia della mela di Isaac Newton è, forse, la più famosa in assoluto nel campo della scienza.
Tutti conoscono la scena: Newton è seduto sotto un melo, viene colpito in testa da un frutto che cade e scopre la teoria della gravitazione universale (a causa, secondo alcuni, di una leggera commozione cerebrale). Decine di vignette e fotomontaggi riproducono la scena, pochi sanno sia vera o no.
Dove finisce la Storia, e dove comincia la leggenda? La risposta si trova nelle parole dello stesso Newton.
Newton nacque a Woolsthorpe, un piccolo villaggio inglese, nel 1642, lo stesso anno in cui moriva Galileo. Non era esattamente uno nato con la camicia. Suo padre morì tre mesi prima del parto, un parto prematuro che rese Newton un bambino piccolo e gracile. La madre lo abbandonò a tre anni, risposandosi, e lui crebbe con la nonna sinché la madre, rimasta vedova una seconda volta, se lo riprese. La donna provò a fare di Newton un contadino ma capì presto che era meglio mandarlo a studiare. Newton era sin da allora un genio, bravissimo a costruire modelli di orologi e mulini. A diciannove anni entrò nel prestigioso Trinity College di Cambridge; Newton era uno studente veramente curioso e versatile e s’interessava di vari campi scientifici, dal calcolo, all’ottica, all’astronomia (rivoluzionerà poi ognuno di questi campi). Si narra che, per studiare la luce e il funzionamento degli occhi, guardasse a lungo la luce diretta del sole, oppure provasse a infilarsi aghi di legno nel retro delle pupille; passerà poi a studiare la luce usando prismi di vetro, un approccio meno pericoloso e più produttivo, che gli permetterà di scomporre la luce bianca e capire per primo la natura del colore.
Nel 1665 Newton fu costretto a scappare da Cambridge a causa della peste (nei bei tempi antichi, quando la Chimica non aveva ancora cominciato a produrre disinfettanti, antibiotici e farmaci in quantità, la peste spaventava e uccideva tutti, scienziati compresi).
Passò due anni in esilio nel piccolo villaggio dove era nato, irrequieto. Trasformò una stanza della sua casa in un laboratorio di ottica, scrisse, pensò e immaginò, cambiando infine per sempre il nostro modo di vedere il mondo.

Fra i molti suoi interessi, Newton si accaniva come tanti sul mistero del moto dei pianeti. Keplero aveva dimostrato che i pianeti si muovevano attorno al sole con orbite ellittiche, ma non era riuscito a spiegare perché, immaginando un qualche tipo di forza “magnetica” che attirasse i pianeti al sole.
Newton, con le sue leggi sul moto, aveva già dimostrato che un corpo che si muove a velocità rettilinea e uniforme procede così indefinitamente. I pianeti che ruotano attorno al sole, e anche la Luna che ruota attorno alla Terra, dovrebbero quindi viaggiare in linea retta perdendosi nello spazio. Per spiegare la loro orbita, bisognava assumere un qualche tipo di forza che attiri i pianeti al sole, oppure la Luna alla Terra. Newton aveva già in qualche modo ipotizzato che questa forza dovesse dipendere dalla distanza, e in particolare dal quadrato della distanza, ma come dimostrarlo?
La svolta arrivò un giorno di quel forzato esilio dovuto alla pestilenza, come racconta il suo biografo Stukeley, che ascoltò la storia sessant’anni dopo i fatti.
Nel 1726 andai a visitare Sir Isaac, per cena. Dopo, visto il clima mite, andammo nel giardino a bere tè sotto l’ombra di alcuni meli. Lui raccontò che era esattamente nella stessa situazione quando pensò per la prima volta alla gravità, da giovane. Improvvisamente, una mela gli era caduta di fronte, e lo aveva fatto riflettere.
Perché la mela cade sempre perpendicolare al terreno? Perché non va di lato, o in alto, ma sempre verso il centro della Terra? Ci deve essere un potere attrattivo nella materia, e se la materia attrae la materia, deve essere in proporzione alla sua quantità. La mela attira la Terra esattamente quanto la Terra attira la mela…
Sembrano un bel po’ di considerazioni da fare di fronte a una mela. Se a voi non capita di fare pensieri così a fine cena non preoccupatevi: le storie raccontate spesso si abbelliscono e si ingrandiscono con gli anni, e Newton aspettò sessant’anni per raccontare la sua storia.
Paragonare mele e pianeti può sembrare normale a noi uomini moderni, ma all’epoca era davvero un’intuizione originale. Poteva la forza che fa cadere la mela essere la stessa che fa girare la Luna? Potevano oggetti così differenti e distanti tra loro essere schiavi del medesimo, invisibile e potente fenomeno fisico?

Newton sapeva che la Luna dista dal Centro della Terra circa 60 volte di più della mela. Calcolò che la Luna, per orbitare in circolo, doveva “cadere” verso la Terra con un’accelerazione di 0.00272 metri al secondo per secondo, a causa della misteriosa forza attrattiva. La mela cadeva di fronte a lui con una velocità di 9.8 metri al secondo per secondo. Il rapporto tra le accelerazioni di mela e Luna era 9.8/0.00272= 3600, uguale al quadrato delle loro distanze. I conti dimostravano come mela, Luna, Terra e tutti gli altri oggetti si attraessero con una forza inversamente proporzionale al quadrato della distanza. Con altri ragionamenti si poteva confermare che questa forza era direttamente proporzionale alla massa dei corpi coinvolti. Newton chiamò questa forza attrattiva gravità, e pensò che potesse agire su tutti i corpi esistenti, dal piccolo granello di sabbia alle stelle gigantesche. Aveva ragione.

La verità nella leggenda è, dunque, che la mela cadde non sopra, ma solo di fronte al Genio.
Detta così, la scoperta della legge di gravitazione universale sembra quasi dovuta a un’intuizione fortunata, ma l’apparenza inganna. Newton aveva pensato parecchio al problema prima di quella sera e ci mise altri venti anni, tra ragionamenti, calcoli ed errori, a pubblicare le sue teorie, litigando anche con un altro scienziato, Robert Hooke, sulla priorità dell’idea. Louis Pasteur diceva che “la fortuna aiuta la mente preparata”, e Newton ebbe sicuramente il merito di farsi trovare preparato in molti campi diversi.
Per sottolineare la grandezza di Newton basta semplicemente citare la sua descrizione nell’Enciclopedia Britannica:
“Isaac Newton, fisico e matematico inglese. Nel campo dell’ottica scoprì la composizione della luce bianca. Nel campo della meccanica scoprì le tre leggi del moto e la legge di gravitazione universale. Nel campo della matematica inventò il calcolo infinitesimale.”
Oltre a questi semplici lavoretti fatti con frutta, prismi di vetro e fogli di carta, Newton diventò anche presidente della Royal Society, direttore della Zecca inglese e membro del parlamento, morendo infine all’età di 84 anni. Niente male per un figlio di contadini nato prematuro e gracile. Alexander Pope, un poeta inglese del ‘700, per spiegare la grandezza di Newton scrisse:
La natura e le leggi della natura giacevano nascoste nella notte; Dio disse: “Che Newton sia!”.
E luce fu.
La storia della vita e di tutte le scoperte di Newton è disponibile in:

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