Un noto proverbio dice:
Le donne devono lavorare due volte meglio degli uomini per essere giudicate brave la metà.
Per fortuna, non è difficile.
Esattamente 155 anni fa, il 7 novembre 1867, nasceva Marie Sklodowska Curie, una donna che, contro tutto e contro (quasi) tutti, riuscì a cambiare il mondo, con risultati spettacolari.
Maria Sklodowska in Polonia, un paese oppresso ed arretrato, sotto dominio russo. Ai Polacchi è proibito parlare la propria lingua. I genitori di Maria, entrambi patrioti, hanno perso entrambi il lavoro a causa delle loro idee. Alle donne è (inutile dirlo) proibito ricevere un’istruzione tecnica oltre il livello più elementare. Marie riesce a studiare all’università volante, un’università clandestina, ma fare della Scienza un lavoro è impossibile per una donna in Polonia: bisogna andare via, lontano, magari a Parigi che è un grande centro scientifico dell’epoca. Ma non ci sono abbastanza soldi; Maria accetta di lavorare quasi quattro anni come governante, aspettando l’occasione di andare a Parigi. Mentre lavora, continua a studiare e fare pratica in un laboratorio casalingo.
Finalmente, nel 1891 Maria arriva a Parigi. Comincia a studiare chimica, fisica e matematica all’Università. La situazione della donna in Francia è poco migliore che in Russia; le donne sono considerate esseri umani di secondo livello, irragionevoli, ignoranti, buone solo come madri di famiglia o prostitute. Stranamente, però, la discriminazione si applica principalmente alle donne francesi, sulle straniere c’è meno controllo. Così, quando Maria si iscrive alla Sorbona ci sono ben 200 donne (perlopiù straniere) su 12000 studenti. Quasi il 2%!
Maria si laurea in fisica nel 1893, prima in una classe di quasi tutti uomini. Comincia a fare ricerca sulle proprietà magnetiche dell’acciaio. Dopo poco, decide di scegliere un settore di ricerca nuovo, dove c’è meno concorrenza: nel 1896 uno scienziato francese, Becquerel, ha scoperto una strana radiazione, emessa da minerali di uranio. La fonte di questi raggi è sconosciuta e sembra infinita, proveniente da qualcosa di ignoto nascosto nel minerale. I raggi sconosciuti ionizzano l’aria attorno al minerale, e Maria decide di usare questo fenomeno per risolvere il mistero. Piazza la polvere di minerale tra due piastre metalliche, e misura la corrente causata delle molecole d’aria, ionizzate dall’uranio. Per misurare queste correnti debolissime collabora con uno scienziato francese, che ha un nuovo tipo di elettrometro: Pierre Curie.

Lo strumento di Pierre riesce a misurare correnti piccolissime usando cristalli piezoelettrici, che trasformano una pressione meccanica in un voltaggio e viceversa (sono gli stessi che usiamo negli accendigas). La misura funziona, ma è un lavoro massacrante per Maria, richiede lunghissime ore passate a leggere numeri traballanti su una scala graduata, al buio, tentando di bilanciare la corrente dell’uranio.
Il primo risultato della collaborazione non è però scientifico:
nasce un grande amore, che durerà sino alla morte di lui.
Pierre e Maria si sposano; Maria Sklodowska diventa Marie Curie. Nel 1897 nasce la loro prima figlia, Irene. Non c’è naturalmente nessun tipo di assegno di maternità o aspettativa per donne che lavorano, ma questo non ferma la febbrile attività scientifica di Marie.
Misura in vari minerali l’emissione di radiazioni che lei chiama con un nuovo termine, “radioattività”. Due minerali di uranio, la pechblenda e la torbenite, emettono radiazioni fortissime, più dell’uranio puro! Marie intuisce che, nascosto tra i vari componenti del minerale, ci deve essere un elemento nuovo, sconosciuto. A quell’epoca la tavola periodica, inventata da Mendeleev nel 1869 è ancora piena di caselle vuote da riempire. L’idea di scoprire un nuovo elemento è così eccitante che anche Pierre lascia le sue ricerche, e si unisce alla caccia. Riescono a avere risultati definitivi solo nel luglio 1898. Marie battezza l’elemento “Polonio”, in onore della sua terra oppressa e calpestata. È il primo elemento scoperto tramite radioattività. Il 26 dicembre scoprono un altro elemento, molto più potente del primo, così radioattivo da brillare nel buio di luce bluastra, dovuta alla ionizzazione dell’aria. Lo chiamano “Radio”. Scoprono anche che le misteriose radiazioni possono uccidere le cellule dei tumori, con enormi potenzialità nel campo della medicina.
Nel 1903 il comitato del Nobel valuta di dare il premio a… Pierre Curie e Henry Becquerel, per la scoperta della radioattività!
Marie non è neanche considerata, essendo donna. Per fortuna, Pierre viene a sapere del grave errore, e scrive al comitato una lettera indignata.
Marie Curie è la prima donna nella storia a vincere il premio Nobel per la Fisica, nel 1903.
Nel 1904 partorisce la sua seconda figlia.
Nel 1906 il suo adorato Pierre è investito da una carrozza, la testa schiacciata sotto una ruota, e muore sul colpo. Marie, disperata, accetta comunque di prendere il suo posto, prima donna a diventare Professore all’Università di Parigi.
Purificare il radio richiede un lavoro enorme, calderoni bollenti pieni di minerali e acidi. È necessario lavorare una tonnellata di minerale per ottenere 0.1 grammi di radio. Nel 1910 Marie finalmente riesce ad ottenere del Radio metallico puro, provando senza ogni ombra di dubbio che si tratta di un elemento. La scoperta le fa guadagnare il secondo premio Nobel, stavolta per la Chimica. È una rivincita contro coloro che la accusavano di avere “approfittato” del marito Pierre senza meritare il successo ottenuto. Nel 1911, è l’unica donna presente nel famoso congresso Solvay a Bruxelles, a fianco di scienziati del calibro di Einstein, Planck, Rutheford, de Broglie…
La gioia del secondo premio Nobel è offuscata da uno scandalo; Marie ha una storia d’amore con Paul Langevin, che era stato studente di Pierre. Langevin è cinque anni più giovane di Marie ed è sposato.
Lo scandalo è enorme, e la stampa fa a pezzi Marie Curie.
La rivincita arriva con lo scoppio della Prima Guerra Mondiale, dove Marie dimostra di non essere solo una grande scienziata, ma anche una donna generosa e intraprendente. Usa una buona parte dei soldi del premio Nobel per supportare lo sforzo bellico, ma questo non basta. Decide di portare sul campo di battaglia in aiuto ai feriti una tecnica nuova e ancora poco utilizzata, la diagnostica a raggi X.
Gli ostacoli sono enormi. Marie combatte raccoglie fondi, la burocrazia, risolve i problemi tecnici, diventa esperta di raggi X e di anatomia, il tutto agendo da sola, una donna in un mondo, quello militare, riservato agli uomini. Impara persino a guidare, cosa inusuale per una donna.
Riesce a creare più di 500 unità radiologiche fisse, e circa 300 ambulanze mobili dotate di raggi X, che i soldati chiamano col nome di petit Curie. Le petit Curie aiutano a curare, solo negli ultimi due anni di guerra, più di un milione di soldati.

Dopo la guerra continua a lavorare. Muore nel 1934, di anemia maligna dovuta a tutte le radiazioni assorbite; nella sua carriera non aveva mai usato protezioni, e pipettava persino soluzioni di radio e polonio con la bocca. Non fa in tempo a vedere, l’anno dopo, sua figlia Irene vincere il premio Nobel per la Chimica insieme al marito, per la produzione di elementi radioattivi artificiali.
La vita di Marie Curie fu così e intensa da sembrare incredibile. Le difficoltà che dovette affrontare furono enormi, così come lo furono i risultati che riuscì ad ottenere. Madre, scienziata, eroe di guerra, fu tra l’altro:
- Prima donna a dare lezioni alla Sorbona.
- Prima donna a vincere il premio Nobel per la Fisica.
- Primo scienziato a ricevere due premi Nobel.
- Uno dei due soli scienziati (insieme a Linus Pauling) ad aver vinto il premio Nobel in discipline diverse (Fisica e Chimica)
- Prima donna ad essere sepolta nel Pantheon di Parigi per merito.
Spero che la vita di Marie possa essere d’ispirazione a tutte le donne che (ancora oggi, nel terzo millennio) sentono di avere una gran passione per la Scienza, ma sanno di dover affrontare grandi ostacoli per seguire questa passione.
“Bisogna perseverare, ma soprattutto credere in sé stessi. Bisogna credere di avere il talento per raggiungere un dato scopo, e che si può raggiungere quello scopo, costi quel che costi”.
Maria Skłodowska Curie
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