La religione della Nutella

Da sempre trovo affascinante la scienza del cibo, inteso come materiale. Fare ricerca su un nuovo acciaio o una nuova plastica è complesso e interessante, ma vuoi mettere studiare la cremosità di un gelato, la croccantezza di una patatina o anche solo la fisica delle bollicine di spumante? Oltretutto, si possono mangiare i propri esperimenti, il che non è male. Inventare un nuovo cibo o una nuova bevanda di certo non salva vite umane ma rende più felici milioni di esseri umani. Oggi parliamo di una storia tutta italiana, di un cibo inventato in una piccola città del Piemonte che si è spalmato letteralmente in tutto il mondo.

Nel 1806 l’Europa è sotto il dominio di Napoleone e in guerra con l’Inghilterra. Il blocco navale inglese limita l’importazione di prodotti esotici come lo zucchero e il cacao. Tutta l’Europa è in crisi di astinenza da dolci. Il Piemonte è pieno di produttori di cioccolato sin dal ‘500, quando Emanuele Filiberto duca di Savoia aveva portato la prima cioccolata dalla Francia.

I cioccolatai torinesi, disperati per il blocco, cominciano a “tagliare” il cioccolato con polvere di nocciole tonde gentili delle Langhe, un prodotto locale e poco costoso. Un chilo di cioccolato costa quanto sei chili di nocciole. Il risultato finale è diverso dal cioccolato ma è comunque buono, e anche più morbido perché contiene olio di nocciola che, a differenza del burro di cacao, è liquido a temperatura ambiente.

Nei quarant’anni successivi la ricetta migliora e nel 1852 un cioccolataio di nome Michele Prochet, in collaborazione con Isidore Caffarel, sviluppa una ricetta basata su nocciole tostate  e tritate finemente, che prenderà poi il nome di gianduia. Dal 1865 si comincia a vendere il gianduia in piccoli pezzi incartati, chiamati gianduiotti. Pasta morbida e cioccolatini hanno un buon successo e si diffondono solo a livello locale, diventando un simbolo tipico del Piemonte.

Passano gli anni e – ovviamente – c’è un’altra guerra, la Seconda Guerra Mondiale e il problema è sempre la scarsità di zucchero e cacao. Un pasticciere di Alba nelle Langhe, Pietro Ferrero, che già nel 1925 aveva inventato il Pastone, un dolce al cacao che si può tagliare a fette e mangiare dentro un panino, cerca di migliorare ancora il gianduia. Pietro cerca disperatamente una nuova ricetta che usi meno il cioccolato straniero e più le italiane, nutrienti nocciole. “il nonno era ossessionato dal trovare una nuova formula” ricorda Giovanni Ferrero, l’attuale amministratore delegato della ditta. “Svegliava mia nonna a mezzanotte per fargliela assaggiare a cucchiaiate, chiedendole: Com’era? Cosa ne pensi?”.

Nel 1946 Pietro Ferrero vende i primi 300 chili della sua pasta Giandujot, che ha un buon successo, ma nel 1948 un’alluvione allaga lo stabilimento e nel 1949 Pietro muore di infarto. Il fratello, la moglie e il figlio Michele Ferrero prendono in mano l’azienda e nel periodo più buio, arriva anche l’intuizione chiave. L’estate del ’49 è molto calda e parte della pasta gianduia si scioglie. Michele capisce che questo apparente difetto potrebbe diventare un vantaggio, rendendo la Giandujot spalmabile su pane o su altro, così da usarne un poco alla volta, facendone un cibo più durevole e meno “lussuoso” e più popolare del cioccolato. Nel 1951 nasce la prima pasta cremosa spalmabile chiamata, ovviamente, “Supercrema”.

Nel 1962 una legge impedisce di usare prefissi superlativi come stra-, extra–, o iper- per i nomi dei prodotti alimentari, ma questo non spaventa la Ferrero che cambia nome alla supercrema, per renderla più appetibile anche all’estero e nel 1963 deposita il marchio Nutella®, unione della parola inglese Nut (nocciola) col suffisso “-ella” comune a tante cose buone (mozzarella, tagliatella, caramella, bella…).

Tecnicamente, la Nutella® creata da Pietro è un’emulsione, cioè una miscela abbastanza instabile di olio e altri ingredienti, tenuti assieme da sostanze cosiddette “emulsionanti. Sono emulsioni anche il latte, il gelato o la maionese, tutte sostanze di consistenza piacevole. La formula della Nutella® contiene 7 ingredienti: zucchero, olio di palma, nocciole, latte scremato in polvere,  cacao magro, lecitina di soia, e vanillina come emulsionanti. La Nutella® non può essere chiamata cioccolato, perché contiene pochissimo cacao, circa il 7%. La Ferrero usa un marketing geniale trasformando una debolezza in una virtù: non vende la Nutella come un surrogato povero del cioccolato ma come qualcosa basato sulle nocciole, naturale, collegato alla famiglia e ai ricordi dell’infanzia. È l’inizio di un successo mondiale, che non si è mai fermato.

Oggi, l’ex piccola pasticceria di Alba ha nove fabbriche distribuite in tutti i continenti. La Ferrero è il più grosso acquirente mondiale di nocciole del mondo e produce circa 365000 tonnellate di Nutella all’anno, con ricavi che nel 2022/2023 sono stati di circa 17 miliardi di euro. I barattoli di Nutella prodotti ogni anno, se messi in fila, farebbero quasi due volte il giro del mondo. Giovanni Ferrero, il nipote di Pietro, è l’uomo più ricco d’Italia e la 26° persona più ricca del mondo, con un patrimonio stimato di 43.8 miliardi di dollari.

Il successo della Nutella è così grande che a volte più che un cibo, sembra una religione. Nel 2007 una blogger americana lancia il “Nutella day” che da allora si festeggia ogni anno il 5 febbraio. Nel 2015 la ministra Francese per l’ecologia Segolene Royale attacca la Nutella, accusandola di favorire la deforestazione per produrre olio di palma. La Ferrero replica subito dicendo che “l’azienda utilizza il 100% di olio di palma sostenibile e certificato, garantendo che le foreste o altri spazi di alto valore non sono stati sacrificati per le piantagioni di palma da olio”. Dopo poco, la ministra si scusa pubblicamente su Twitter. Anche rappresentanti di Greenpeace e WWF difendono l’azienda, commentando che gli impegni “No Deforestation” della Ferrero riducono la distruzione forestale  e rappresentano un modello da emulare per tutto il settore.

Nel 2017 la Ferrero prova a cambiare leggermente la ricetta della Nutella, aumentando il contenuto di latte dal 7.5% all’8.7%, e quello dello zucchero dal 55.9% al 56.3%, ma questo cambiamento – che la ditta definisce “tuning” – viene subito notato e diventa argomento di dibattito feroce, costringendo la ditta a rassicurare i suoi appassionati che il sapore Nutella è rimasto uguale.

Ricordo di aver letto, durante le polemiche sull’olio di palma, il commento di una fan che mi è rimasto impresso:

“continuerei a mangiare Nutella anche se ci mettessero il diesel”.

Polemiche a parte, la Nutella è un’invenzione tutta italiana che ha cambiato il modo di fare merenda in tutto il mondo. La ragione del suo successo è che è una trasgressione alla dieta, ma una trasgressione gentile che tutti si possono permettere ogni tanto sentendo il brivido di commettere un piccolo peccato, e promettendosi comunque di spalmarne solo uno strato sottilissimo (ma non va mai a finire così). Ammettiamolo: una trasgressione ogni tanto ci vuole, ogni tanto possiamo concederci, come bambini, cinque minuti di felicità.

Anche senza aspettare il 5 febbraio.

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